Partita IVA Per Stranieri Extracomunitari: Cos’è, Requisiti, Come Aprirla e Quanto Costa (2026)

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Indice

Se sei uno straniero extracomunitario e vuoi lavorare in Italia con la tua Partita IVA, probabilmente ti stai scontrando con una doppia confusione: da una parte le regole su visto, permesso di soggiorno, decreto flussi; dall’altra tutta la parte fiscale e previdenziale (codice fiscale, aperture presso l’Agenzia delle Entrate, contributi, INPS, ecc.).

La buona notizia è che, dal punto di vista fiscale, anche uno straniero può aprire Partita IVA in Italia: l’Agenzia delle Entrate riconosce il codice fiscale anche ai cittadini non italiani e permette di avviare attività di impresa o lavoro autonomo se correttamente identificati.

La parte delicata, per chi viene da un Paese extra UE, è che tutto questo deve essere coerente con il titolo di soggiorno: serve infatti un permesso di soggiorno valido per lavoro autonomo o altro titolo che consenta di lavorare in proprio (lavoro, motivi familiari, protezione, ecc.), come chiarito dai materiali ufficiali di Camere di Commercio e Unioncamere.

In più, se ti trovi ancora nel tuo Paese e vuoi trasferirti in Italia proprio per avviare un’attività, entra in gioco il visto per lavoro autonomo, collegato al Decreto Flussi e al rilascio del nulla osta tramite lo Sportello Unico per l’Immigrazione: senza questo passaggio iniziale, la tua Partita IVA in Italia rischia di non avere le basi giuridiche corrette.

In questa guida vedremo, passo dopo passo, come funziona davvero la Partita IVA per stranieri extracomunitari, chiarendo:

  • che cos’è e quando va aperta se sei cittadino non UE;
  • quali requisiti servono a livello fiscale e di immigrazione;
  • come si svolge, concretamente, la procedura di apertura (e quali documenti ti verranno chiesti);
  • quali sono gli enti coinvolti, i contributi e le altre iscrizioni obbligatorie;
  • quanto può costarti davvero avviare e mantenere una Partita IVA in Italia se sei straniero.

L’obiettivo è semplice che abbiamo con questa guida è semplice e consiste nel trasformare un percorso che oggi ti sembra complicato in una strada chiara e gestibile, così da capire se e come aprire la tua attività in Italia in modo regolare, sostenibile e quando possibile con l’aiuto di un consulente che parli la tua lingua (anche in senso letterale).

Partita IVA per Stranieri Extracomunitari – Cos’è e Quando Va Aperta?

Un imprenditore straniero in ufficio che lavora al computer con documenti finanziari, circondato da colleghi in un ambiente luminoso e professionale.

Quando parliamo di Partita IVA per stranieri extracomunitari, non stiamo parlando di una “Partita IVA speciale per stranieri”, con regole diverse da quella degli italiani.

Dal punto di vista fiscale, la Partita IVA è sempre lo stesso codice numerico rilasciato dall’Agenzia delle Entrate a chi esercita in Italia un’attività di impresa, arte o professione in modo abituale e organizzato, cioè non saltuaria e non occasionale.

La vera differenza, se sei cittadino extra UE, è che il fisco e l’immigrazione viaggiano insieme: per poter usare davvero una Partita IVA in Italia devi:

  • essere identificato fiscalmente con un codice fiscale italiano;
  • avere un permesso di soggiorno valido che consenta il lavoro autonomo (o comunque il lavoro), se vivi in Italia.

Fatta questa premessa, vediamo in modo ordinato cosa significa, in concreto, “Partita IVA per stranieri extracomunitari” e in quali momenti diventa obbligatorio aprirla.

Cos’è, in concreto, la Partita IVA se sei extracomunitario

Dal punto di vista fiscale, Partita IVA significa una cosa molto semplice:
il Fisco ti “vede” come soggetto che svolge attività economica in Italia in modo professionale.

Se sei un cittadino extracomunitario:

  • se vivi in Italia con un permesso che permette il lavoro (autonomo o subordinato, motivi familiari, protezione, attesa occupazione ecc.), puoi svolgere attività di lavoro autonomo o d’impresa esattamente come un italiano. Serve però un permesso valido ai fini del lavoro autonomo per iniziare qualsiasi attività in proprio.
  • se non risiedi in Italia, ma svolgi comunque in modo stabile operazioni soggette a IVA in Italia (ad esempio vendite a clienti italiani, attività con magazzino o stabile organizzazione sul territorio), la legge ti chiede di ottenere un numero IVA italiano tramite identificazione diretta (modello ANR/3) o tramite un rappresentante fiscale che agisce in Italia per tuo conto.

In entrambi i casi, la Partita IVA è lo strumento fiscale, non il “permesso di stare in Italia”.
Quello dipende dal tuo permesso di soggiorno, che deve essere coerente con il fatto che tu voglia lavorare in proprio.

Il nodo centrale: attività occasionale vs attività abituale

Il punto chiave per capire quando aprire Partita IVA non è la nazionalità, ma come stai lavorando.

L’ordinamento distingue tra:

  • lavoro autonomo occasionale,
  • e attività di impresa o lavoro autonomo abituale.

Il lavoro autonomo occasionale è un’attività:

  • non organizzata in forma di impresa o professione,
  • svolta in modo sporadico,
  • senza continuità nel tempo.

Le analisi su lavoro autonomo occasionale chiariscono che non può trasformarsi di fatto in un lavoro “quasi professionale” ripetuto e organizzato. Se questo accade, l’attività smette di essere occasionale ed entra nell’area in cui la Partita IVA è obbligatoria.

L’attività abituale, invece, è quella in cui:

  • offri prodotti o servizi in modo continuativo,
  • hai (o cerchi) clienti con una certa costanza,
  • ti presenti verso l’esterno come attività/professione (sito, pagina social, listino prezzi, logo, ecc.),
  • organizzi tempo, strumenti e risorse con l’obiettivo di generare reddito nel medio-lungo periodo.

In questo scenario, non basta più la prestazione occasionale: di fatto stai svolgendo un’attività economica abituale e, quindi, per la normativa IVA devi aprire Partita IVA, indipendentemente dalla cittadinanza e – molto importante – anche se i guadagni inizialmente sono bassi.

Il famoso limite dei 5.000 € annui spesso citato online non è il “confine legale” dell’obbligo di Partita IVA:
riguarda soprattutto l’iscrizione ai contributi INPS Gestione Separata per chi lavora occasionalmente, ma la giurisprudenza ricorda che, se l’attività è continuativa e organizzata, la Partita IVA può essere obbligatoria anche sotto i 5.000€.

Quando va aperta la Partita IVA se sei extracomunitario e vivi in Italia

Se sei già in Italia e hai un permesso di soggiorno che consente il lavoro autonomo, il criterio pratico è questo:

  • se fai qualche prestazione isolata, davvero sporadica, senza organizzazione, senza promuoverti come “professionista” → in molti casi puoi restare nel lavoro autonomo occasionale (da valutare sempre con un consulente sul caso concreto);
  • se invece hai deciso di lavorare in proprio in modo strutturato – inizi a promuoverti, cerchi clienti, fatturi con regolarità, tieni attrezzature e strumenti dedicati, magari apri un ecommerce o un’attività commerciale/artigiana – l’Agenzia delle Entrate e la dottrina fiscale considerano la tua attività abituale: in questo caso la Partita IVA va aperta.

Per un extracomunitario questo passaggio è ancora più delicato perché tiene insieme:

  • il profilo fiscale (obbligo di Partita IVA e corretto inquadramento della tua attività, regime forfettario o ordinario, scelta del codice ATECO);
  • e il profilo di soggiorno: le guide ufficiali per cittadini non UE ribadiscono che per iniziare qualunque attività di lavoro autonomo devi avere un permesso di soggiorno che lo consenta, sia che tu sia imprenditore individuale, socio o amministratore di società.

Lavorare “come se avessi la Partita IVA” ma senza averla, mentre sei titolare di un permesso che permette il lavoro autonomo, può quindi portare problemi doppi:

  • fiscali, perché l’attività viene riqualificata come esercizio abituale senza posizione IVA;
  • e sul soggiorno, perché la tua situazione economica è uno degli elementi che possono essere valutati per rinnovi e controlli.

Quando va aperta la Partita IVA se non vivi (ancora) in Italia

C’è poi un altro scenario: sei extracomunitario, non risiedi in Italia, ma le tue attività economiche cominciano a essere stabilmente collegate al territorio italiano.

Succede, ad esempio, se:

  • apri un ecommerce con magazzino o logistica in Italia;
  • hai una stabile organizzazione (ufficio, laboratorio, negozio, studio) nel nostro Paese;
  • presti servizi in modo continuativo a clienti italiani in condizioni tali per cui la legge considera l’operazione territorialmente rilevante in Italia e gli adempimenti IVA ricadono su di te.

In questi casi, la normativa prevede due canali:

  1. Identificazione diretta ai fini IVA tramite il modello ANR/3, che permette al soggetto non residente di ottenere un numero di Partita IVA italiana “proprio”.
  2. Nomina di un rappresentante fiscale in Italia, che assume gli obblighi IVA per tuo conto (fatturazione, liquidazioni, dichiarazioni, ecc.).

L’obbligo di aprire (o far aprire) una Partita IVA italiana nasce, quindi, quando le tue operazioni non possono più essere gestite solo nel Paese di origine e “entrano” nel campo IVA italiano in modo stabile.

Per fissare le idee, ecco una sintesi ragionata dei casi più comuni:

Situazione Devi (o dovrai) aprire Partita IVA italiana? Perché
Sei extracomunitario, vivi in Italia con permesso che consente lavoro, fai poche prestazioni davvero sporadiche In molti casi no, puoi restare nell’occasionale (da verificare nel caso concreto) Manca l’abitualità: attività non continuativa né organizzata.
Sei extracomunitario, vivi in Italia e inizi a lavorare in proprio in modo continuativo (clienti fissi, promozione stabile, attività strutturata) , la Partita IVA va aperta Attività abituale → per la normativa IVA è esercizio di impresa/professione; serve Partita IVA, a prescindere dall’importo dei compensi.
Sei extracomunitario, non residente, ma hai attività stabilmente collegate all’Italia (magazzino, stabile organizzazione, operazioni IVA nel territorio italiano) , con identificazione diretta (ANR/3) o rappresentante fiscale Le operazioni sono territorialmente rilevanti in Italia, quindi è necessario un numero IVA italiano o un rappresentante locale.

In sintesi, per uno straniero extracomunitario la domanda non è “mi faranno aprire la Partita IVA?”, perché la risposta, in linea di principio, è .

Le domande vere sono due:

  1. Il mio permesso di soggiorno (o il mio progetto di ingresso in Italia) è compatibile con il lavoro autonomo o l’attività d’impresa?
  2. Il modo in cui sto lavorando è ancora davvero “occasionale” o è già diventato un’attività abituale che richiede la Partita IVA?

Tutto il resto dell’articolo servirà proprio a sciogliere questi punti: prima vedendo quali requisiti servono (sia fiscali che di soggiorno), poi come si apre concretamente la Partita IVA da straniero e, infine, quali contributi ed enti entrano in gioco una volta che l’attività è avviata.

Andiamo avanti.

Requisiti per Aprire una Partita IVA (Se Sei Straniero) – Quali Sono?

Un gruppo di giovani imprenditori stranieri che discutono in un ufficio moderno con documenti e laptop sul tavolo.

Prima di parlare di moduli, uffici e scadenze, bisogna chiarire una cosa: come straniero extracomunitario non ti basta “voler aprire la Partita IVA”.

Per la legge italiana servono alcune condizioni minime che riguardano:

  • la tua posizione di soggiorno (immigrazione);
  • la tua posizione fiscale (codice fiscale e, se serve, residenza o domicilio in Italia);
  • la sostenibilità economica dell’attività che vuoi avviare.

Solo quando questi pezzi sono al loro posto, l’apertura della Partita IVA diventa possibile.

1. Requisito n.1: permesso di soggiorno che consente il lavoro (se sei extracomunitario in Italia)

Se sei cittadino di un Paese extra UE e vivi già in Italia, il primo requisito non è fiscale ma di immigrazione:
per avviare un’attività di lavoro autonomo devi avere un permesso di soggiorno in corso di validità che consenta il lavoro.

Le Camere di Commercio e Unioncamere lo ripetono in modo molto netto: i cittadini extracomunitari che vogliono iniziare un’attività di lavoro autonomo (come imprenditori individuali, soci o amministratori) devono essere titolari di un permesso di soggiorno “valido ai fini del lavoro autonomo”.

In pratica, sono considerati idonei a seconda dei casi, i permessi per:

  • lavoro autonomo;
  • lavoro subordinato o lavoro stagionale (se la normativa e il decreto flussi ne consentono la conversione);
  • motivi familiari, protezione internazionale, lungo soggiornanti UE e altre tipologie che, secondo il Testo Unico Immigrazione, permettono l’attività lavorativa (autonoma o subordinata).

Se invece hai un permesso che non consente lavoro (o lo consente solo in modo limitato: ad esempio, alcuni permessi per studio), la regola non è “apro Partita IVA lo stesso e poi vedo”: devi valutare la conversione del permesso per lavoro autonomo nei limiti e secondo le quote del Decreto Flussi, oppure un altro percorso autorizzato.

In poche parole, senza un permesso di soggiorno compatibile con il lavoro autonomo, la Partita IVA resta, di fatto, bloccata, anche se fiscalmente potresti averne i requisiti.

2. Requisito n.2: visto e nulla osta se ti trovi ancora nel tuo Paese

Se sei ancora nel tuo Paese e vuoi venire in Italia apposta per lavorare in proprio, i requisiti si spostano su un livello precedente: l’ingresso in Italia.

In questo caso, per la normativa italiana:

  • hai bisogno di un visto per lavoro autonomo, rilasciato dal consolato/ambasciata italiana,
  • e questo visto può essere concesso solo entro i limiti numerici del Decreto Flussi e dopo una serie di verifiche sul tuo progetto di attività.

L’art. 26 del Testo Unico Immigrazione e le schede ufficiali (Cliclavoro, portali istituzionali) spiegano che, per ottenere questo visto, devi dimostrare:

  • parametri economico-finanziari adeguati per avviare l’attività (capitale minimo, reddito previsto, ecc.), attestati dalla Camera di Commercio o dall’Ordine professionale competente;
  • la disponibilità di un alloggio idoneo in Italia;
  • eventuali licenze, abilitazioni o iscrizioni richieste per quella specifica attività (es. iscrizione a un Ordine, SCIA commerciale, autorizzazioni sanitarie, ecc.).

Solo dopo che la Camera di Commercio (o l’Ordine) ha rilasciato il nulla osta e l’attestazione dei parametri economico-finanziari, lo Sportello Unico per l’Immigrazione e i Ministeri competenti danno il via libera al visto per lavoro autonomo.

Arrivato in Italia con quel visto, entro pochi giorni dovrai chiedere il permesso di soggiorno per lavoro autonomo, che diventa il tuo titolo principale.

Senza questa catena (nulla osta → visto → permesso) non puoi avviare un’attività in proprio in modo regolare.

3. Requisito n.3: codice fiscale italiano e identificazione al fisco

Indipendentemente da dove ti trovi, per aprire Partita IVA devi essere identificato dall’Agenzia delle Entrate tramite un codice fiscale italiano.

L’Agenzia delle Entrate spiega che:

  • il codice fiscale è il primo passo per qualsiasi rapporto con il fisco (Partita IVA, contratti, dichiarazioni);
  • per i cittadini stranieri che richiedono o rinnovano il permesso di soggiorno, il codice fiscale viene normalmente attribuito direttamente dalle Questure;
  • chi lo richiede dall’estero può ottenerlo tramite consolato/ambasciata o rivolgendosi all’Agenzia delle Entrate con il modello dedicato (AA4/8).

Senza codice fiscale:

  • non puoi compilare i modelli AA9/12 (persone fisiche) o AA7/10 (soggetti diversi) per l’apertura della Partita IVA;
  • non puoi essere correttamente registrato nelle banche dati fiscali e previdenziali italiane.

Per questo, nella pratica, il pacchetto minimo di requisiti è sempre: documento valido + codice fiscale + permesso di soggiorno compatibile (se extra UE).

4. Requisiti per chi non è residente ma deve avere una Partita IVA italiana

C’è un’altra categoria di stranieri: chi non vive in Italia, ma ha attività che, ai fini IVA, sono stabilmente collegate al territorio italiano (per esempio, magazzino in Italia, stabile organizzazione, vendite a privati italiani in certe condizioni).

In questi casi, la normativa IVA prevede che il soggetto non residente:

  • si identifichi direttamente ai fini IVA tramite il modello ANR/3, ottenendo un numero di Partita IVA italiana; oppure
  • nomini un rappresentante fiscale in Italia che gestisce per suo conto gli adempimenti IVA.

Anche qui, il codice fiscale italiano e l’identificazione precisa del soggetto sono passaggi necessari: senza questi, l’Agenzia delle Entrate non può attribuire la Partita IVA né registrare correttamente le operazioni.

5. Requisiti “sostanziali”: sostenibilità economica e coerenza del progetto

Accanto ai requisiti formali (permesso, visto, codice fiscale), esistono poi dei requisiti sostanziali che, pur essendo meno “visibili”, pesano molto:

  • devi dimostrare di avere risorse economiche sufficienti per avviare l’attività senza ricadere nell’irregolarità (richieste spesso nelle attestazioni dei parametri economico-finanziari per il lavoro autonomo);
  • devi disporre di un alloggio idoneo in Italia (elemento richiesto sia per il visto sia per il permesso di soggiorno lavoro autonomo);
  • se l’attività richiede requisiti professionali specifici (abilitazioni, iscrizioni ad albi, titoli di studio riconosciuti), questi requisiti devono essere già in regola o comunque riconoscibili dalle autorità italiane.

In pratica, la domanda implicita che lo Stato ti fa è:

“Questa persona ha davvero le condizioni minime per vivere in Italia e portare avanti un’attività economica in modo autonomo, legale e sostenibile?”.

Per chiudere, ecco una tabella di sintesi che mette in relazione le situazioni più comuni e i requisiti chiave:

Situazione dello straniero Requisiti minimi per aprire (o ottenere) la Partita IVA in Italia
Sei extracomunitario e vivi già in Italia – Permesso di soggiorno valido ai fini del lavoro (autonomo o convertibile)
– Codice fiscale italiano
– Requisiti economici minimi per l’attività (in alcuni casi attestazione CCIAA/Ordine)
Sei extracomunitario e sei ancora nel tuo Paese – Requisiti economico-finanziari e professionali per l’attività
– Nulla osta e attestazione parametri economico-finanziari (Camera di Commercio / Ordine)
– Visto per lavoro autonomo nell’ambito del Decreto Flussi
– Successivo permesso di soggiorno per lavoro autonomo in Italia
Sei straniero non residente, ma fai operazioni IVA in Italia senza trasferirti – Codice fiscale italiano
– Identificazione IVA diretta (modello ANR/3) oppure rappresentante fiscale in Italia
– Requisiti previsti dalla normativa IVA per il tipo di attività svolta

Nel prossimo capitolo passeremo dal “se puoi” al “come fare”: vedremo, passo dopo passo, come aprire concretamente la Partita IVA da straniero, quali modelli si usano, quali uffici sono coinvolti e quali documenti dovrai preparare in pratica.

Continuiamo.

Aprire Partita IVA da Straniero – Come Fare, Procedura e Quali Sono i Documenti Necessari?

Persona straniera che lavora a una scrivania con documenti e un computer, impegnata nella procedura per aprire una Partita IVA.

Una volta capito se puoi aprire una Partita IVA in Italia, la domanda successiva è sempre la stessa:
“Ok, ma concretamente… da dove comincio, quali moduli compilo, quali documenti devo avere in mano?”

La procedura non è identica per tutti: cambia a seconda che tu sia già in Italia con un permesso valido, che tu sia ancora nel tuo Paese e voglia trasferirti per lavorare in proprio, oppure che ti serva solo un numero di Partita IVA ai fini IVA senza spostare la residenza.

Qui sotto trovi i tre scenari principali, spiegati in modo chiaro e ordinato.

1. Se sei già in Italia: percorso “classico” con modello AA9/12

Se sei cittadino extracomunitario, vivi già in Italia e hai un permesso di soggiorno che consente il lavoro autonomo, la procedura per l’apertura della Partita IVA è sostanzialmente la stessa di un cittadino italiano: cambia solo la documentazione di base che devi avere pronta.

I primi due tasselli sono sempre gli stessi:

  • un permesso di soggiorno valido ai fini del lavoro autonomo (o comunque che consenta lo svolgimento di attività lavorativa); le Camere di Commercio lo indicano come requisito indispensabile per qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di cittadini extra-UE;
  • un codice fiscale italiano, rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, dalle Questure o dalle rappresentanze consolari, che ti identifica in tutti i rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Solo dopo che questi due elementi sono a posto ha senso passare alla dichiarazione di inizio attività.

Per le persone fisiche (ditte individuali, liberi professionisti) lo strumento tecnico è il modello AA9/12, che serve per aprire, modificare o chiudere la Partita IVA.

L’Agenzia delle Entrate mette a disposizione sia il modello sia le istruzioni ufficiali, oltre a un software gratuito per compilarlo.

In pratica, il flusso è questo:

  1. Definisci che attività apri: devi decidere con precisione che cosa farai: attività professionale, commerciale, artigiana, online, mista. Da qui deriva la scelta del codice ATECO, che descrive ufficialmente la tua attività, e la valutazione del regime fiscale (forfettario se hai i requisiti, altrimenti ordinario).
  2. Raccogli i dati per il modello: ti serviranno i tuoi dati anagrafici e il domicilio fiscale in Italia; gli estremi del permesso di soggiorno (che potranno esserti chiesti in caso di controlli); la data di inizio attività, che di solito coincide con il momento in cui inizi a lavorare in maniera abituale; il codice ATECO scelto e l’indicazione del regime IVA/fiscale.
  3. Compili il modello AA9/12: Puoi farlo tramite un commercialista o intermediario abilitato, che usa i canali telematici dell’Agenzia; oppure personalmente, usando il software messo a disposizione sul sito dell’Agenzia delle Entrate, e poi presentando il modello all’ufficio competente.
  4. Presenti la dichiarazione di inizio attività: Il modello va presentato entro 30 giorni dall’effettivo inizio dell’attività. Una volta protocollata la pratica, l’Agenzia ti attribuisce il numero di Partita IVA, che diventa immediatamente operativo (salvo successivi controlli).

Di solito, in parallelo o subito dopo, si aprono anche le altre posizioni (INPS, eventualmente Registro Imprese, INAIL, ecc.), che affronterai nella sezione dedicata a contributi ed enti.

2. Se sei ancora nel tuo Paese: prima visto e permesso, poi Partita IVA

Se ti trovi ancora nel tuo Paese di origine e il tuo obiettivo è venire in Italia per avviare un’attività in proprio, il percorso non parte dall’Agenzia delle Entrate, ma dal sistema visti e immigrazione.

In questo scenario, l’accesso alla Partita IVA passa da una sequenza più lunga:

  1. Definisci il progetto di attività: devi decidere che tipo di attività svolgerai in Italia (impresa commerciale, attività artigiana, servizi, professione regolamentata, ecc.) e in quale provincia intendi stabilirti. Questo perché sarà proprio la Camera di Commercio competente (o l’Ordine professionale) a valutare il tuo progetto.
  2. Chiedi l’attestazione dei parametri economico-finanziari e il nulla osta: le Camere di Commercio spiegano che, prima del visto, il cittadino extracomunitario deve ottenere un’attestazione dei parametri economico-finanziari: è un documento che certifica che disponi di una somma minima di denaro adeguata per avviare quella specifica attività e che la tua iniziativa rientra nei requisiti previsti. In molti casi la Camera rilascia anche un nulla osta specifico all’attività imprenditoriale. Di norma, per ottenere questa attestazione ti verranno chiesti: un modulo di richiesta in bollo; il tuo documento di identità/passaporto; eventuali titoli di studio o attestati professionali; una bozza di business plan o descrizione del progetto e delle risorse economiche disponibili.
  3. Richiedi il visto per lavoro autonomo (Decreto Flussi): Con l’attestazione e il nulla osta in mano, ti rivolgi al consolato o ambasciata italiana competente per chiedere il visto per lavoro autonomo. Il Ministero dell’Interno ricorda che l’ingresso in Italia per lavoro autonomo è, in linea generale, soggetto alle quote e alle categorie previste dal Decreto Flussi, e che il visto può essere rilasciato solo se rientri nelle quote disponibili e se i requisiti sono confermati.
  4. Arrivo in Italia e permesso di soggiorno per lavoro autonomo: una volta ottenuto il visto e arrivato in Italia, devi presentare domanda di permesso di soggiorno per lavoro autonomo entro i termini previsti (normalmente 8 giorni dall’ingresso). Il permesso è quello che ti permetterà poi di svolgere concretamente l’attività; le guide specializzate sottolineano che, per ottenerlo e rinnovarlo, devi dimostrare non solo i requisiti economici e alloggiativi, ma anche la coerenza dell’attività che stai svolgendo.
  5. Codice fiscale e apertura della Partita IVA con AA9/12: con il permesso in mano, richiedi (se non ce l’hai già) il codice fiscale e, a quel punto, puoi aprire la Partita IVA esattamente come chi è già in Italia: scegli il codice ATECO, decidi il regime fiscale, compili il modello AA9/12 e lo presenti all’Agenzia delle Entrate, anche tramite un commercialista.

In pratica, se sei ancora all’estero, l’apertura della Partita IVA è l’ultimo anello di una catena che inizia dalla Camera di Commercio, passa dal visto e dal permesso di soggiorno e si chiude con la dichiarazione di inizio attività all’Agenzia delle Entrate.

3. Se non ti trasferisci in Italia ma hai bisogno di una Partita IVA italiana (solo ai fini IVA)

C’è un terzo scenario, più tecnico ma rilevante se fai business internazionale: non hai intenzione di trasferirti in Italia o di chiedere un permesso di soggiorno, ma hai operazioni economicamente stabili collegate al territorio italiano, per le quali la legge ti impone di avere un numero IVA italiano.

È il caso tipico di:

  • imprese o professionisti esteri che hanno magazzini, stabili organizzazioni o attività di vendita diretta in Italia;
  • operatori che effettuano operazioni per cui non basta la sola fatturazione dal Paese d’origine, perché l’imposta è dovuta in Italia.

In questo caso l’Agenzia delle Entrate non parla di “apertura classica di Partita IVA”, ma di identificazione ai fini IVA.

Gli strumenti sono due:

  • il modello ANR/3, approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia, riservato ai soggetti non residenti che devono identificarsi direttamente ai fini IVA in Italia (dichiarazione di inizio, variazione o cessazione attività);
  • la nomina di un rappresentante fiscale in Italia, che assume su di sé gli obblighi IVA per conto del soggetto estero (registrazioni, liquidazioni, dichiarazioni).

Dal punto di vista operativo, la documentazione ruota attorno a:

  • atto costitutivo o certificato di registrazione dell’impresa estera;
  • dati del legale rappresentante;
  • eventualmente dati e documenti del rappresentante fiscale italiano;
  • descrizione delle operazioni che verranno effettuate in Italia (tipologia, volumi stimati, modalità di fatturazione).

Questa strada non sostituisce un eventuale permesso di soggiorno (perché non riguarda il diritto di vivere in Italia), ma serve a non lavorare “invisibili” per il fisco italiano quando le operazioni sono territorialmente rilevanti nel nostro Paese.

Per chiudere la sezione, può essere utile avere sott’occhio, in un colpo solo, i documenti che ricorrono più spesso nei vari scenari.

Scenario Documenti che quasi sempre servono
Sei extracomunitario e vivi già in Italia Passaporto o documento di identità valido; permesso di soggiorno in corso di validità idoneo al lavoro autonomo; codice fiscale italiano; dati per il modello AA9/12 (domicilio fiscale, codice ATECO, data inizio attività, scelta del regime fiscale).
Se sei ancora nel tuo Paese e vuoi trasferirti per lavorare in proprio Passaporto; documentazione per attestazione parametri economico-finanziari e nulla osta presso la Camera di Commercio/Ordine (istanza in bollo, business plan, prova delle risorse economiche); documenti per il visto per lavoro autonomo (nulla osta, alloggio idoneo, copertura economica); successivo permesso di soggiorno per lavoro autonomo e codice fiscale; infine modello AA9/12 per la Partita IVA.
Se non risiedi in Italia ma ti identifichi solo ai fini IVA Documenti identificativi del soggetto estero (statuto/registrazione, dati legali rappresentanti); eventuale documentazione del rappresentante fiscale; modello ANR/3 per identificazione diretta o variazioni/cessazione; informazioni dettagliate su che cosa farai in Italia ai fini IVA.

Quanto hai appena letto ti deve dare una cosa molto concreta, ovvero la sensazione di avere una strada chiara davanti.

Nel prossimo capitolo potrai finalmente vedere cosa succede dopo l’apertura: contributi, INPS, casse professionali, Registro Imprese e tutte le altre iscrizioni obbligatorie che completano il quadro.

Partita IVA Per Stranieri – Contributi, Enti e Altre Iscrizioni Obbligatorie

Un gruppo di professionisti stranieri in un ufficio moderno che discutono di questioni fiscali e contributi obbligatori.

Aprire una Partita IVA (anche da cittadino extracomunitario) significa, nella pratica, attivare tre “binari” paralleli.

Il primo è quello fiscale (Agenzia delle Entrate: Partita IVA, regime, codice ATECO) come abbiamo già visto nella sezione precedente.

Il secondo è quello previdenziale (Cassa professionale oppure INPS, in base a cosa fai e a come lavori).

Il terzo riguarda gli adempimenti “di impresa” (Registro Imprese/REA, diritto annuale, eventuale INAIL, eventuale SUAP/SCIA), che scattano quando l’attività non è solo “prestazione professionale”, ma assume natura imprenditoriale (o quando l’attività rientra tra quelle con obblighi specifici).

Di seguito trovi una struttura ordinata e completa, così capisci quali enti entrano in gioco, quando e con quali costi/parametri.

Previdenza: prima domanda da chiarire (Cassa privata o INPS?)

La previdenza non è “a scelta”.

È determinata dalla tua attività e dall’inquadramento corretto.

In sintesi, ci sono tre macro-casi.

Cosa fai (in concreto) Ente previdenziale tipico Come versi i contributi Punto chiave
Professione ordinistica con Cassa (es. molte professioni regolamentate) Cassa professionale secondo regolamento della Cassa la Cassa detta regole, aliquote, minimi e scadenze
Lavoro autonomo “professionale” senza Cassa (molte attività freelance) INPS Gestione Separata con F24 (logica saldo/acconti) contributo proporzionale ai compensi
Attività con connotazione d’impresa (artigiano/commerciante) INPS Artigiani/Commercianti (IVS) F24 + scadenze INPS presenti minimi anche con redditi bassi

Dopo aver individuato la gestione corretta, il resto si incastra in modo molto più lineare.

Questo passaggio è decisivo perché un inquadramento errato può portare a contributi non dovuti, richieste di regolarizzazione e, nei casi peggiori, doppie iscrizioni non necessarie.

1) INPS Gestione Separata: quando si applica e quali sono i valori 2025

La Gestione Separata è la gestione INPS che, nella pratica, copre molti lavori autonomi “professionali” quando non esiste una Cassa di categoria.

Qui i contributi sono proporzionali: paghi in percentuale sul reddito/compenso imponibile previdenziale.

Valori di riferimento 2025 (Gestione Separata):

  • Minimale di reddito per l’accredito contributivo: € 18.555,00.
  • Massimale di reddito/compensi: € 120.607,00.

Sul piano operativo, questo significa una cosa molto concreta: entro il minimale, l’importo versato incide sull’accredito dell’anno contributivo; oltre il massimale non si versano contributi ulteriori.

Il versamento avviene, di regola, con la stessa logica dei tributi: saldo dell’anno precedente e acconti per l’anno in corso, tramite F24.

2) INPS Artigiani e Commercianti: quanto si paga nel 2025 (minimi, aliquote, logica)

Se l’attività rientra nell’area “impresa” (artigianato o commercio), l’inquadramento tipico è la gestione INPS Artigiani/Commercianti (IVS).

Qui la differenza più importante rispetto alla Gestione Separata è questa: esistono contributi minimi annuali, dovuti anche se il reddito è basso.

Per il 2025, le aliquote complessive sono:

  • Artigiani: 24%.
  • Commercianti: 24,48%.

E, soprattutto, l’INPS indica anche la contribuzione dovuta sui minimali (in pratica: i “fissi”).

Contributi minimi annui 2025 Totale annuo Composizione (indicativa)
Artigiani € 4.460,64 quota IVS + quota maternità
Commercianti € 4.549,70 quota IVS (+ quota indennizzo cessazione per commercianti) + maternità

Questi importi rappresentano la base “minima” da cui si parte.

Se il reddito supera il minimale previsto dalla gestione, si versa anche una componente aggiuntiva proporzionale (la cosiddetta contribuzione “a percentuale” sull’eccedenza), con meccanismi e scadenze che l’INPS definisce annualmente.

È importante anche un aspetto pratico spesso sottovalutato: per i commercianti, oltre alla IVS, resta dovuta la componente legata all’indennizzo per cessazione attività, che impatta anche quando si applicano alcune agevolazioni (vedi più sotto).

3) Agevolazioni contributive: cosa cambia davvero (e quando convengono)

Su Artigiani e Commercianti esistono misure che riducono l’onere contributivo, ma vanno gestite con attenzione perché:

  • alcune riducono solo una parte dei contributi;
  • alcune sono incompatibili tra loro;
  • una riduzione oggi può tradursi in minore contribuzione accreditata domani.

Nel 2025 è prevista una riduzione contributiva al 50% per i nuovi iscritti alle gestioni speciali Artigiani/Commercianti, con caratteristiche molto precise:

  • durata 36 mesi dalla data di avvio;
  • riduzione del 50% della sola aliquota IVS;
  • restano dovuti per intero maternità e, per i commercianti, l’aliquota aggiuntiva legata alla cessazione attività;
  • incompatibilità con altre riduzioni di aliquota (ad esempio la riduzione contributiva legata al forfettario previdenziale, quando applicabile).

Questa struttura chiarisce un punto fondamentale: non è un “taglio del 50% su tutto”, ma un intervento mirato sulla componente IVS, con parti che restano comunque dovute.

4) Registro Imprese/REA e Diritto Annuale: quando scattano e quanto costano

Se apri una Partita IVA come libero professionista puro, di norma non entri nel Registro Imprese.

Se invece apri una ditta individuale (artigiano/commerciante) o, più in generale, un’attività che richiede iscrizione al Registro Imprese o al REA, allora scatta anche il diritto annuale camerale.

Per il 2025, gli importi in misura fissa (i più frequenti per ditte individuali) risultano, ad esempio:

Tipologia (misura fissa) Importo 2025
Imprese individuali in Sezione speciale (piccoli imprenditori, artigiani, coltivatori diretti, imprenditori agricoli) € 44,00
Imprese individuali in Sezione ordinaria € 100,00
Soggetti iscritti al REA € 15,00
Unità locali (Sezione speciale) € 8,80
Unità locali (Sezione ordinaria) € 20,00

Oltre alla misura “base”, per il triennio 2023–2025 alcune Camere di Commercio applicano una maggiorazione fino al 20% (in base ad autorizzazioni e progetti camerali).

In pratica: il diritto annuale non è solo “un numero fisso uguale per tutti”.

Dipende dalla sezione di iscrizione, dalla presenza di unità locali e, in alcuni territori, dalla maggiorazione prevista.

5) Comunicazione Unica (ComUnica): perché ti riguarda davvero

Quando l’attività richiede iscrizione al Registro Imprese/REA, la pratica standard è la Comunicazione Unica.

È il canale telematico che consente di assolvere, con un unico invio, più adempimenti verso i vari enti coinvolti (Registro Imprese, Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL) e rende la gestione iniziale molto più ordinata.

Qui c’è un risvolto operativo importante: in molti casi la “partenza” di un’impresa non è un singolo modulo, ma un pacchetto coerente di comunicazioni che devono essere tra loro allineate (ATECO, inquadramenti, posizioni previdenziali/assicurative).

6) INAIL: quando è obbligatoria (e quando no)

L’INAIL entra in gioco quando l’attività rientra tra quelle con obbligo assicurativo contro infortuni e malattie professionali.

Un caso tipico è quello dell’artigiano titolare, per cui la tutela assicurativa è prevista e gestita dall’INAIL nell’ambito delle relative posizioni assicurative.

In termini pratici, l’obbligo e il premio dipendono da:

  • tipo di attività e livello di rischio;
  • eventuale presenza di lavorazioni soggette a tutela;
  • eventuale impiego di dipendenti/collaboratori (che spesso fa scattare ulteriori posizioni e adempimenti).

La regola che ti deve restare impressa è questa: INAIL non è “sempre e comunque”, ma è strettamente legata al tipo di attività e alla struttura operativa dell’impresa.

7) SUAP/SCIA e autorizzazioni di settore: l’ultimo “blocco” da verificare

Alcune attività, pur avendo Partita IVA attiva, non possono iniziare “solo” con l’apertura fiscale e previdenziale.

Serve anche la parte amministrativa comunale (SUAP) tramite SCIA o autorizzazioni specifiche.

Qui l’elemento determinante è sempre l’ATECO e, soprattutto, cosa fai davvero (attività svolta, locali, requisiti professionali, normative di settore).

Se questa parte manca, non è un dettaglio: può significare che l’attività risulta aperta fiscalmente, ma non correttamente avviata sul piano amministrativo.

Quanto Costa Aprire Una Partita IVA Se Sei Straniero?

Imprenditore straniero che discute documenti finanziari con un consulente in un ufficio moderno.

Aprire una Partita IVA in Italia non ha un costo fisso di apertura se presenti la pratica in autonomia presso l’Agenzia delle Entrate. Questo vale anche se sei un cittadino extracomunitario con permesso di soggiorno valido per lavoro autonomo.

I costi iniziali cambiano in base al tipo di attività che svolgi. Un libero professionista sostiene meno spese rispetto a chi avvia un’attività commerciale o artigianale.

Costi iniziali più comuni

Voce di costo Importo indicativo
Apertura Partita IVA €0
Commercialista (facoltativo) €200 – €600
PEC €5 – €15 / anno
Firma digitale €30 – €60
Iscrizione Camera di Commercio €50 – €120

Se apri un’attività commerciale o artigianale, devi usare la ComUnica, che include l’iscrizione alla Camera di Commercio. In questo caso, PEC e firma digitale diventano necessarie.

Dopo l’apertura, devi considerare i costi di gestione annuali. Questi includono imposte, contributi INPS e l’eventuale parcella del commercialista.

L’importo delle tasse dipende dal regime fiscale che scegli.

Con il regime forfettario, se ne hai i requisiti, paghi imposte ridotte e una gestione più semplice.

Le spese variano in base alla tua situazione personale e all’attività svolta.

Valuta i costi prima di iniziare per evitare sorprese.

Conclusioni – Tutto Quello Che Dovevi Sapere Sulla Partita IVA Per Stranieri, Adesso Lo Sai!

Un giovane imprenditore straniero seduto a una scrivania moderna con laptop e documenti, in un ufficio luminoso e pulito.

Ora conosci i passaggi essenziali per aprire una Partita IVA in Italia come cittadino extracomunitario. La procedura è regolata, ma resta accessibile se rispetti i requisiti richiesti.

Il punto di partenza è sempre il permesso di soggiorno valido per lavoro autonomo. Senza questo documento, non puoi avviare l’attività né presentare la domanda all’Agenzia delle Entrate.

Devi poi identificare correttamente la tua attività. La scelta del codice ATECO, del modello fiscale e del regime più adatto incide su tasse, contributi e obblighi futuri.

Puoi riassumere i passaggi principali in questo schema:

Fase Cosa serve
Requisiti personali Permesso di soggiorno e codice fiscale
Apertura Partita IVA Modello AA9/12 o ComUnica
Accesso ai servizi online Carta d’identità italiana e SPID
Avvio attività Eventuali titoli o autorizzazioni

In base al tipo di lavoro, potresti dover attivare PEC e firma digitale. Questi strumenti diventano obbligatori per molte attività commerciali o artigianali.

Ricorda che, una volta aperta la Partita IVA, devi gestire fatturazione, dichiarazioni fiscali e contributi previdenziali. Una consulenza professionale ti aiuta a evitare errori e a restare in regola.

Se pianifichi ogni passaggio con attenzione, puoi lavorare in Italia in modo autonomo e conforme alle regole vigenti.

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Domande Frequenti Sulla Partita IVA Per Stranieri (2026)

Aprire una Partita IVA come cittadino extracomunitario richiede requisiti precisi, documenti specifici e un permesso di soggiorno idoneo.

Le risposte che seguono chiariscono gli aspetti fiscali, amministrativi e normativi più rilevanti.

Quali sono i requisiti per aprire una Partita IVA in Italia come straniero non appartenente all’Unione Europea?

Devi possedere un permesso di soggiorno valido che consenta lo svolgimento di lavoro autonomo o attività d’impresa. Devi anche risultare residente o regolarmente soggiornante in Italia.

Serve un codice fiscale italiano e il rispetto delle condizioni di reciprocità, quando previste. L’attività deve avere carattere abituale e non occasionale.

Qual è la procedura per ottenere un codice fiscale italiano necessario per la Partita IVA per i cittadini extracomunitari?

Puoi richiedere il codice fiscale presso l’Agenzia delle Entrate, presentandoti di persona o tramite un delegato. Devi fornire un documento di identità valido e il permesso di soggiorno.

Se ti trovi all’estero, puoi richiederlo tramite il consolato italiano competente. Il codice fiscale viene rilasciato gratuitamente.

Come può un extracomunitario verificare la propria posizione fiscale in Italia prima di richiedere una Partita IVA?

Puoi verificare l’assenza di pendenze fiscali presso l’Agenzia delle Entrate. Un commercialista può controllare eventuali posizioni pregresse o obblighi non adempiuti.

Se hai già svolto attività in Italia, conviene verificare anche la situazione contributiva presso l’INPS. Questo controllo riduce il rischio di blocchi successivi.

Ci sono limitazioni specifiche per i lavoratori autonomi extracomunitari che vogliono richiedere una Partita IVA in Italia?

Non puoi aprire una Partita IVA se il tuo permesso di soggiorno non consente il lavoro autonomo. In questi casi devi richiedere una conversione del titolo di soggiorno.

Alcune attività richiedono licenze, iscrizioni ad albi o autorizzazioni preventive. Le limitazioni dipendono dal tipo di attività svolta.

Quali documenti sono necessari per l’apertura di una Partita IVA per residenti non UE in Italia?

Devi presentare il modello di inizio attività all’Agenzia delle Entrate, come l’AA9/12 per le persone fisiche. Servono il codice fiscale e una copia del permesso di soggiorno valido.

In base all’attività, possono essere richiesti l’iscrizione alla Camera di Commercio e ulteriori autorizzazioni. Se il permesso è in rinnovo, devi allegare la ricevuta postale.

Come influisce il permesso di soggiorno sul processo di ottenimento della Partita IVA per i non cittadini UE?

Il permesso di soggiorno determina se puoi esercitare legalmente un’attività autonoma. Solo alcune tipologie consentono l’apertura diretta della Partita IVA.

Se possiedi un permesso diverso, devi avviare una procedura di conversione presso la Questura. Senza un titolo idoneo, l’Agenzia delle Entrate non assegna la Partita IVA.

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